Lodo Conte, le motivazioni del Tnas
Più del certificato medico prodotto che conferma l’infortunio riportato da Salvatore Mastronunzio, più dell’attendibilità con riserva di Filippo Carobbio (o Pippo, fate voi), più della solidità del principio del giusto processo: quell’8 marzo 2012, quel giorno in cui Cristian Stellini si presenta in procura federale ha disfatto l’impianto accusatorio costruito per risolvere la questione in poche battute a una lettura delle motivazioni del Tnas relative al caso Conte. Non sempre si può semplificare. Né si può presupporre, ipotizzare.
“10. Le dichiarazioni di Carobbio, almeno con riguardo alla commissione dell’illecito, sono state integralmente confermate dal sig. Stellini, membro dello staff tecnico del Siena. Questi, dopo aver negato, nella dichiarazione al Procuratore Federale dell’8 marzo 2012, ogni intesa volta a favorire l’Albinoleffe, nonché di aver chiesto a Carobbio di contattare i giocatori di quest’ultima compagine per prendere accordi relativi alla gara di ritorno, con una comunicazione indirizzata al Procuratore Federale, datata 29 luglio 2012, resa allo scopo di esporre “tutta la completa verità”, ha ritrattato completamente, ammettendo i fatti invece indicati dal medesimo Carobbio”.
Stellini prima nega, poi ammette le proprie responsabilità invischiando Conte il quale , si legge, nella motivazioni:
“In via presuntiva, pare allora decisamente più logico, per il contesto organizzativo in cui lo Stellini era inserito, ritenere che egli abbia informato dell’accaduto il Conte piuttosto che il contrario. Anche qui, applicando il principio della assenza di necessità di raggiungere la certezza al di là di ogni ragionevole dubbio, in un giudizio comparativo tra le due ipotesi l’una pare più probabile e plausibile dell’altra.”
Non vi è nessuna certezza, né si parla di riscontri che avevano invece indotto – in linea con i principi su cui si fonda il nostro sistema – il ribaltamento ad opera del Tnas della sentenza Gheller. Altrettanto sfuggente al venir meno della ricostruzione della vicenda Mastronunzio (per cui rimandiamo a una modesta rilettura della documentazione) e della ricostruzione fornita da Carobbio la revisione della centralità del teste e delle sue dichiarazioni. Nulla di tutto ciò.
“Come è noto la confessione di Stellini ha avuto ad oggetto la sua partecipazione al fatto illecito, non anche la conoscenza del medesimo da parte di Conte. La prova articolata avrebbe forse consentito a questo Collegio di accertare se il ricorrente avesse avuto o meno conoscenza di quel fatto. Tuttavia, ad un più attento esame, ed almeno per il capo di incolpazione ascrittogli, quel accertamento è – ad avviso del Collegio – del tutto superfluo per almeno due decisive ragioni: la prima è di ordine logico e riguarda proprio la confessione di Stellini. Questi, infatti, sino al marzo 2012, ha condiviso con Conte lo stesso itinerario sportivo trasferendosi con lui alla Juventus, inserito nello staff tecnico) e
processuale, almeno sino alla sua confessione. Ebbene, proprio la confessione, che determina una frattura con la precedente impostazione processuale sino ad allora identica a quella di Conte, toglie ogni dubbio residuo sulla attendibilità delle dichiarazioni rese dal teste Carobbio; e ciò proprio in virtù della convergenza tra queste e la confessione di Stellini. La seconda ragione è invece testuale: come ammesso dalla stessa difesa di Conte, quest’ultimo
avrebbe avuto conoscenza dell’illecito accaduto in data 08 marzo 2012. La confessione di Stellini è datata 29 luglio 2012. Ne discende che il sig. Conte, anche a voler seguire la tesi sostenuta dalla difesa del medesimo, avrebbe omesso di denunciare, ai sensi dell’art.7, comma 7, il fatto illecito una volta venutone a conoscenza, cioè, quanto meno, a far data dal giorno 08 marzo 2012”.
Nonostante la verità degli atti non sancisca la colpevolezza di Conte oltre ogni ragionevole dubbio – principio cardine da cui la giustizia sportiva non dovrebbe prescindere – l’allenatore viene ritenuto reo di omessa denuncia. Sapeva, ma ha taciuto.
Un silenzio che ha spezzato la società, ribadendo la coesione e l’approccio tutelativo delle risorse, dei propri dipendenti come capitale e patrimonio, conferendo uno spazio quale un comunicato ufficiale sulle proprie pagine web.
“La sentenza del TNAS addebita ad Antonio Conte di aver saputo da Stellini sin dall’8 marzo 2012 dell’illecito commesso dai calciatori in Albinoleffe-Siena. E pertanto, secondo i Giudici del CONI Conte almeno da quella data avrebbe omesso di denunciare. Evidentemente i membri del Tribunale Arbitrale non hanno valutato compiutamente e correttamente le parole di Antonio Conte verbalizzate il 13/7/2012: “Stellini solo recentemente a seguito delle notizie di stampa che lo indicavano come coinvolto in presunti accordi presi dal Carobbio per la partita di ritorno mi ha riferito che, al termine della gara in oggetto vi era stata una rissa tra i calciatori delle due squadre al quale il medesimo aveva partecipato, e, pertanto, essendo preoccupato che potessero accadere incidenti nella gara di ritorno, sollecitò Carobbio, quale ex dell’Albinoleffe a parlare con i suoi ex compagni per cercare di stemperare gli animi; lo scrupolo di Stellini derivava dal fatto di essere rimasto coinvolto in prima persona nella rissa e pertanto si sentiva ancor più responsabile. Stellini non mi esplicitò i motivi della rissa anche perché non entrai nei particolari, essendo rimasto molto contrariato per non essere stato informato tempestivamente di quanto accaduto”.
Dunque Stellini non ha mai riferito a Conte di accordi presi per accomodare la partita di ritorno Albinoleffe-Siena bensì ha riportato esclusivamente quanto avvenuto negli spogliatoi di Siena, al termine della gara di andata.
Un solo commento: dopo la falsa accusa su Siena-Novara, dopo la falsa attribuzione della esclusione di Mastronunzio dalla rosa per fini illeciti, il TNAS non potendo più utilizzare le dichiarazioni di Carobbio ha addebitato ad Antonio Conte ed alla sua difesa una ammissione di responsabilità per la verità mai avvenuta. Errore al quale non è più possibile porre rimedio.
Chi avrà tempo e modo di leggere gli atti constaterà quanto da noi affermato.Giulia Bongiorno, Luigi Chiappero e Antonio De Rensis”.
Chiudo con una sola domanda: perché non risentire in procura ancora una volta quanti hanno fornito una verità così parziale e densa di incongruenze?